Storia del Romanzo Rosa in Italia
giovedì 22 ottobre 2020
1 - Introduzione
2 - Il Romanzo Gotico e il suo influsso su quello Rosa
3 - L'Influenza di Richardson sulle scrittrici del XVIII secolo
Nei secoli passati, la perdita della verginità per una fanciulla era un destino peggiore della morte; lo sapeva anche Pamela, la protagonista dell'omonimo romanzo di Samuel Richardson, che riscosse molto successo nel Settecento.
"Pamela, la virtù ricompensata" sono il titolo e il sottotitolo che Richardson scelse per il suo romanzo (uscito nel 1741), sulle vicessitudini di una servetta, Pamela, insidiata dal padrone, ma capace di resistergli fino a farsi sposare.
Assicurarsi un marito, meglio se facoltoso, a quei tempi era la sola ragione di vita di una ragazza, e per le donne, incluse le cameriere, il problema di sposarsi convenientemente era importante; ecco perché Pamela fu acclamata dalle lettrici di quel periodo, specialmente le domestiche, che leggendo di nascosto i libri che trovavano in casa dei padroni, si identificarono con lei. Del resto, l'alternativa per una donna, a quel tempo, era o il matrimonio o la prostituzione; altrimenti, restava lo zitellaggio.
Pamela, esattamente come Cenerentola, mantenendosi pudica e casta, senza cedere alla deflorazione dell'imene, suo unico bene, "senza prima essersi sposata", riesce a sposare un uomo molto benestante, facendo il salto di classe. Certo, Pamela e le sue simili devono "vendersi come merci integre e intatte" al miglior offerente, mercificandosi come oggetto sessuale ma illibato, rispetto a prostitute e cortigiane... Le Pamela sono pronte a vendersi, come loro, ma solo in cambio di un anello matrimoniale.
Nota di Lunaria: fu de Sade a parodizzare "le fanciulle alla Pamela" oltre che Richardson stesso, nel suo dissacrante "Justine o le disavventure della virtù": ad avere trionfo e successo, nel macrocosmo sadiano, sono le donne lussuriose e ciniche; le "Pamela" tutte virtù, castità, bontà e gentilezza, sono destinate ad essere torturate e uccise.
Curiosamente, Samuel Richardson (che scrisse anche "Clarissa") influenzò generazioni di scrittori e scrittrici e amava circondarsi di donne incoraggiando le sue amiche a scrivere: "la penna è uno strumento quasi altrettanto grazioso tra le mani di una donna dell'ago", sosteneva, e collaborò con alcune di loro. (1)
Fanny Burney, una delle prime donne inglesi che si guadagneranno un compenso pubblicando romanzi (e che influenzò la più celebre Jane Austen), seguì le orme di Richardson, descrivendo la vita quotidiana e i matrimoni delle sue eroine, una costante di tanta letteratura femminile del diciottesimo secolo. (qui potete leggere il pdf https://www.jausten.it/burney-cecilia.pdf)
Il romanzo, che poi sarà celebrato da Stendhal, Balzac, Tolstoj, nasce come merce per donne e domestiche: il pubblico nell'Inghilterra del '700 era prevalentemente femminile, delle classi alte e medie (2) che avevano molto più tempo libero degli uomini: il progresso tecnologico delle manifatture aveva reso possibile acquistare abiti, pane, birra, candele già fatte in negozi e mercati.
Inoltre, a causa dell'educazione puritana, le donne erano confinate tra le mura domestiche che le escludeva da passatempi all'aperto come teatro e danza, il bere, la caccia, lo sport.
Alle sue lettrici Richarson offriva la possibilità di identificarsi con un'eroina il cui comportamento seguiva le regole del codice sentimentale borghese: all'Amor Cortese e alle sue leggi, legato all'adorazione di una donna astratta e desessualizzata, si sostituiva l'amore legato alla famiglia coniugale. (3) Mentre la donna angelicata era oggetto di un amore privo di implicazioni, l'eroina borghese investendo la propria integrità fisica, la verginità, ne ricavava una promozione sociale per poter vivere meglio. Quando Clarissa, sedotta da Lovelace, gli si concede, l'unica cosa che ottiene è il disonore di aver concesso il suo unico capitale senza chiedere nulla in cambio. La donna doveva manovrare la sua unica ricchezza (l'imene integro) per investirla, "amministrandosi" come oggetto sessuale per compiere il salto di classe sociale: Pamela, molto più saggia di Clarissa, sposerà il padrone.
Nota: meglio mettere delle prove fotografiche, prima che qualcuno starnazzi dicendo che nel 1700 non c'erano donne scrittrici...
Note:
(1) Tra il 1760 e il 1800 compaiono ben 200 romanzi scritti da donne: il mercato, citando "Monthly Review" del dicembre 1790 è "quasi interamente monopolizzato dalle signore" e questo è un fenomeno così massiccio che parecchi autori maschi scrissero romanzi con nomi d'arte femminili. Il Gentlemen's Magazine, nel 1791, scriveva che "oggi il sesso gentile ha ottenuto il suo posto al sole e ha decisamente richiesto il riconoscimento di quella naturale eguaglianza di intelligenza che è sempre stata una realtà di tutta evidenza e che solo il peso delle istituzioni umane aveva potuto offuscare"
(2) Ovviamente le donne di classe inferiore passavano il loro tempo chiuse in fabbrica o in filanda.
(3) Nel Diciottesimo secolo venne a crearsi una vasta offerta di donne sul mercato del lavoro, con salari che erano un quarto di quello medio maschile. Era sempre più difficile, per le fanciulle, trovare un marito se non erano in grado di portargli la dote.
4 - Carolina Invernizio
5 - Scrittrici Italiane
6 - Personaggi femminili e dualismo
Emma Perodi, Carolina Invernizio, Albertina Palau, Emilia Villoresi, Olga Visentini, Milly Dandolo, Mura, sono solo alcune delle autrici che passavano dai racconti fiabeschi per bambini a quelli Rosa-Feuilleton; del resto, tra i due generi, nati entrambi sul finire del '600, con lo scopo di istruire fanciulle e bambini, ci sono delle somiglianze: entrambi i generi avevano uno scopo pedagogico, dovendo aiutare sia le giovani donne sia i bambini a conformarmi ad un modello, a delle virtù.
Nella letteratura sentimentale dell'Ottocento, le caratteristiche fisiche dei personaggi servivano a descrivere una certa caratteristica morale o vizio (Nota di Lunaria: anche perché erano gli anni delle teorie di Lombroso...)
"Il tema arcaico del bruno e del biondo, della pelle lattea e di quella scura, degli occhi glauchi e di quelli neri e foschi - dove colori chiari e biondi rappresentano le forze inibitorie della femminilità convenzionale, mentre chiome nere e colorito olivastro sono segno di esuberanza passionale e, forse, di malvagità - torna a segnare il confine tra le belle-buone e le brutte-cattive.
Naturalmente tale coincidenza non è mai assoluta: sotto forme perfette può nascondersi a volte la più nera crudeltà, mentre qualche fanciulla bruttina può essere destinata ai trionfi.
La Bellezza e la Bruttezza restano la linea di demarcazione fondamentale per distinguere dove albergano il Bene e il Male. Anche in caso di apparizione di bellissime e bellissimi dall'animo perfido, nel momento della verità un ghigno orrendo trasformerà la loro bellezza apparente in bruttezza reale così come la splendida matrigna di Biancaneve si trasforma in una vecchia piena di verruche:
"Aggiustò un ricciolo dei suoi capelli neri, aridi e opachi, che le coprivano quasi completamente la fronte bassa [...] La sua fisionomia mancava di grazia e rivelava una natura fredda, ostinata e rigogliosa" ("Il segreto della saracena" di Delly)
Col variare di epoca in epoca dei canoni di bellezza imposti dalla moda, mutano, ovviamente, anche i tratti dell'eroina. Tra gli squisiti profili di porcellana fine Ottocento e le maschiette anni Trenta c'è una bella differenza eppure è possibile individuare certe costanti: la bellezza della protagonista buona non è mai sfacciata e voluttuosa e il suo fascino risiede nella spiritualità, nella delicatezza, nella fragilità che si convengono ad una vergine estranea a pensieri impuri, decisa a conservare intatta la sua virtù in attesa di quelle nozze che la consacreranno madre e sposa esemplare.
Più corporea e conturbante la presenza dell'altra, che, spesso, annunciata da un profumo intenso, (così diverso dalle tenui fragranze che tanto si addicono alle fanciulle virtuose!) (1) e seguita da occhiate maschili avide e interessate, si impone prepotentemente attraverso una fisicità sconosciuta alla prima. Se infatti questa si caratterizza come corpo assente, in quanto negato, sottratto al piacere e promosso alla sacralità, che è privilegio e fardello della vergine destinata a diventare madre, la seconda si propone come corpo presente, che dispone liberamente di sé ed il cui scopo è la seduzione. A lei, Demonio, spetta il ruolo di antagonista della sposa madre, di cui costituisce l'esatto e puntuale rovescio: là dove l'Angelo è frigido, devoto, modesto, misurato, anelante al sacrificio, il Demonio è sensuale, irridente, provocante, eccessivo. Sono pericolosi giocattoli erotici creati da un immaginario maschile incapace di liberarsi dagli opposti stereotipi della Madre e della P*ttana (2)
Le femmes fatale del romanzo Rosa risultano di rado micidiali, fatta eccezione per le diaboliche matrigne di Delly, che però pensano di più a come aumentare il patrimonio o a consumare vendette familiari piuttosto che abbandonarli a piaceri proibiti.
è attraverso queste peccatrici tutte dedite al culto del proprio corpo che i romanzi "per signorine" lasciano intravedere alle loro lettrici gli abissi dell'adulterio, della passione illecita, del peccato, da cui esala la stessa atmosfera piccante e profumata cui diedero vita la Contessa Lara, Amalia Guglielminetti, Regina di Luanto, Donna Paola.
Abissi ambiguamente attraenti, tentatori, se a renderli impraticabili non fossero eloquenti segnali di pericolo. La rovina che attende chi vi si avventuri, infatti, non è solo sociale ma anche fisica, perché di passione, si sa, ci si ammala e si muore; la donna decisa ad affermare la propria sensualità viene punita con la decadenza e la distruzione del corpo stesso, con la malattia e la morte: conclusione inevitabile e logica, dal momento che è la sessualità stessa ad essere considerata patogena: il sesso non santificato dal matrimonio si associa all'idea di peccato e di impurità. Per questa donna non c'è salvezza né redenzione se non nella morte: la sua fine infatti è spesso tragica.
Nei libri di Luciana Peverelli, che sembra meno conformista, la donna libera è quella che rovina la famiglia e la reputazione delle sorelle, ed è condannata alla solitudine. Se non è dannata, è sempre infelice. (https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2022/07/lamore-di-tutta-la-vita-di-luciana.html)
Nyta Jasmar ovvero Clotilde Samaritani, autrice di un romanzo liberty "I ricordi di una telegrafista", racconta le vicende dell'orfana Mariana, di giorno impiegata modello, di notte girovaga in terra di piacere tra scarabei e myosotis.
Così, mentre il cattolicesimo e il fascismo imponevano la maternità come valore fondante ed unica ragione di essere del corpo femminile, Liala non negava la sessualità ma offriva corpi da toccare, in aperta trasgressione nei confronti della tradizione sessuofobica che proibiva persino di vedere le proprie nudità. Nei libri di Liala trabocca il piacere della fisicità, preludio all'atto erotico, tra vestizioni narcisistiche, immagini provocanti rimandate da specchi, profumo.
Conscia di questo, Liala, in un'intervista del 6 novembre 1976 dichiarava: "Sono arrivata prima dei deodoranti. Ci sono tonnellate di sapone nei miei libri e molte lettrici hanno imparato che è importante lavarsi."
Nella "Trilogia di Lalla" possiamo leggere: "Era un odore incantevole, che veniva da un corpo sano, giovane, pulito; da un corpo che conosceva il contatto continuo con l'acqua, con il sapone finissimo e le lozioni detergenti. Era un caro odore di pulito non soffocato da violente essenze e reso prezioso dall'emanazione naturale di un'epidermide detersa. Questo tuo odore Lalla mi ricorda... si interruppe. E Lalla ad occhi chiusi sognante domandò: "Cosa?" "Mi ricorda... e dimmi che sono molto sciocco!... mi ricorda un prato di maggio..."
I personaggi femminili di Liala hanno carne che vibra, che viene colpita dal desiderio maschile vorace anche se le sue descrizioni amorose non hanno i particolari e i dettagli di un'educazione sessuale esplicita, perché tutto resta allusivo.
Le eroine borghesi di Liala si concedono scollatura, velette, calze di seta, fiori, guanti, nastri, infiniti vestiti:
"Su una poltrona c'erano una ventina di calze nuove, alcune col loro filo di seta ancora infilato nella punta del piede. Altre spiegazzate, altre arrotolate. Lalla le aveva buttate là, confondendo le tinte, spaiandole, sciupandole prima ancora di usarle. Con le calze erano malamente ammucchiati indumenti femminili, finissimi, preziosi, elegantissimi. Tre abiti, di gran classe e di gran taglio, s'afflosciavano sul tappeto che interamente copriva il pavimento della camera. Sulla toletta scatole di cipria, boccette, barattoli, si accumulavano in disordine in modo tale che non era più possibile distinguere un centimetro del piano di cristallo" ("Trilogia di Lalla")
"Lalla suonò il campanello (...) Ho un appuntamento, presso il lago, con José Granada: con ogni probabilità mi sto innamorando di questo bel ragazzo. Non so come me la caverò con Morello (...) Mi dovrò fare un altro abito rosso per piacere a José..." ("Trilogia di Lalla")
Anche se le simpatie di Liala vanno alla donna passionale, il suo insegnamento è quello di vivere la sessualità all'interno del matrimonio, altrimenti si sfocia in un disordine sessuale che viene punito quasi sempre con la morte (come accade nei suoi romanzi "Signorsì", "La splendida infedele", "Il peccato di Guenda") La sessualità libera, al di fuori del matrimonio borghese, resta appannaggio del maschio; la donna resta preda e si assoggetta alla vita sessuale nel vincolo matrimoniale (Nota di Lunaria: questo valeva per i romanzi Rosa di una volta; in quelli attuali le protagoniste sono single che si concedono notte bollenti oppure divorziate)
è possibile incasellare le donne in rigide categorie istituite dalla moralità borghese:
1) le prostitute
2) le mogli-prostitute, che si sposano solo per denaro e ne estorcono al marito, che trovano ripugnante
3) le "né mogli-né prostitute", cioè le zitelle senza professione che vivono di rendita lasciata dai genitori
4) le "non-ancora-mogli", cioè le fanciulle verginali e le fidanzate
5) le "mogli-e-basta", che accettano la sessualità esclusivamente per diventare madri
6) le "non-ancora-prostitute", che, ancora fanciulle, manifestano i segni premonitori del vizio.
Le cattive, le vampire seduttrici, in questo tipo di romanzi usano colori violenti, scollature vertiginose, trucco eccessivo, pellicce, gioielli eccessivi:
"Io detesto Juanita", sussurrò la piccola Onda Albar. "E mio padre dice che è una donna sensuale e stupida. E poi, vedi come è vestita? In velluto nero e giaietto, al solo scopo di mettere in risalto il candore della sua pelle e di snellire i fianchi molto grossi" ("Trilogia di Lalla")
"Lalla si piantò davanti allo specchio. Era alta e ben fatta: il corpo snello aveva forme audaci, la pelle era poco scura, i capelli nerissimi, lunghi fino all'omero, il viso di un ovale senza pecche, gli occhi grigi. E quegli occhi grigi erano una malia, erano una stregoneria, che ovunque si posavano rubavano la pace." ("Trilogia di Lalla")
Perse in descrizioni di abiti, mobili, ninnoli, sembra che le scrittrici del Rosa stiano giocando con le bambole, come se le loro protagoniste fossero pupattole da vestire e far muovere in casette in miniatura. Del resto, dalla bellezza e dal loro fascino traggono le loro possibilità di successo. è la stessa immagine proposta alle bambine: bambole con il loro mondo frivolo di abiti e accessori per andare ai balli.
Note:
(1) In tutta la letteratura decadente e realista tra l'Ottocento e il Novecento, la donna è preceduta o accompagnata dal suo profumo.
(2) Nota di Lunaria: anche oggi è così. è in particolar modo nella teologia cristiana cattolica che si evidenza questa ossessione dualista: la vergine "regina del paradiso" da una parte, la sg*aldrina concubina del Demonio dall'altra.
8 - Delly e Liala
Tentati omicidi, calunnie destinate a separare due fedeli innamorati, inganni, vendette: questi i semi del male che Varvara e Trinidad, le due donne nel romanzo "La Luna d'Oro" di Delly spargono intorno a sé:
"Don Ruiz, che faceva già un passo per allontanarsi, si fermò e domandò duramente: "Sta in pensiero per lui?" "Sicuramente", rispose Trinidad. "è il solo soggetto che possa farla uscire dal suo abbattimento. Don Manuel è sempre stato molto amabile con lei. Le faceva una corte assidua... e ho ragione di credere che non le fosse del tutto indifferente." Una fiamma di collera si accese negli occhi di don Ruiz, che si allontanò, seguito dallo sguardo soddisfatto di Trinidad." (Delly, "La Luna d'Oro")
Un lavoro inutile visto che l'innocente giovinetta è destinata a trionfare sulla rivale. Peccato che lei non lo sappia e passi la maggior parte del suo tempo a disperarsi, a dar retta a pettegolezzi infondati, a travisare fatti di nessuna importanza. In realtà lui cede raramente alle arti di seduzione dell'altra: per lo più la ignora, la respinge sdegnato e la usa col massimo disprezzo.
In Liala invece di due forze antitetiche, a misurarsi sono due corpi ugualmente sensuali e decisi a vincere. Nemiche per la pelle soprattutto le donne di classe ben vestite e raffinate (alle quali va l'approvazione dell'Autrice) e le donne grossolane, ineleganti, sfacciate (che l'Autrice biasima) Il confronto è comunque più sfumato, e accade che ragazze ugualmente belle siano costrette a diventare nemiche all'apparire di un bel maschio (Nota di Lunaria: è il caso di Fabiana, vittima di una gelosia patologica, protagonista di "Un Gesto, una Parola, un Silenzio" https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2023/06/un-gesto-una-parola-un-silenzio-di-liala.html )
"Bruna s'era girata verso Lori e la fissava. E quel suo sguardo solitamente dolce e affettuoso ora non c'era più. Si sarebbe detto che, dentro di sé, Bruna combattesse una tremenda battaglia, tentasse di vincere un estremo affanno e non riuscisse vittoriosa né sull'una né sull'altra" ("Farandola di cuori", di Liala)
Le eroine di Liala non si illudono su quanto incerta e fluttuante sia la loro amicizia; nell'universo letterario di Liala, da amiche vere si può vivere solo da bambine, quando l'uomo non ha ancora fatto il suo ingresso.
Chiuse nel gineceo, lontane da orecchie maschili, le donne del romanzo Rosa si trasmettono esperienze, consigli, ammonimenti, complottano.
(Nota di Lunaria: ovviamente ci si riferisce al romanzo Rosa degli inizi, che rifletteva le convenzioni di allora, sulla donna, ovverossia che dovesse, assolutamente, "maritarsi per essere degna e stimata", pronta a tutto pur di "accalappiare l'uomo", non certamente al romanzo Rosa nostro contemporaneo che riflette il rapporto tra sessi che c'è oggigiorno.)
Nei romanzi di Liala c'è sempre una cura esasperata della bellezza delle sue protagoniste, a tratti vanesie e civettuole:
Da "La meravigliosa infedele" di Liala: "E allora ella cadde di lato, s'abatté sul sedile e restò così, immota, piegata sul fianco, addormentata per sempre, passata, senza un gemito, dal sonno fittizio a quello eterno."
Da "La trilogia di Lalla": "Uscì a passo forzatamente lento, si diresse al cancello; prima di giungervi spiccò da un ramo un fiore di tuberosa, lo annusò voluttuosamente, lo infilò nella scollatura. Il fiore candido e carnoso parve tentennare un poco tra l'abito e la pelle, poi decisamente entrò nella blusa, disparve. E Lalla sorrise, alla fresca carezza del profumatissimo fiore..."
"Cominciò a spogliarsi, tolse l'abito, fu nelle breve sottoveste di seta candida tramezzata da serpentelli in pizzo lieve. Allorché la fanciulla si muoveva tra i serpentelli di trina trasparivano e parevano guizzare... si guardò a lungo, mirandosi dalle gambe affusolate all'inizio della coscia forte ma mon grossa. Scrutò la statuaria linea delle sue spalle, l'attacco dei suoi alti e fiorenti seni. E poi volse la schiena e si guardò così, stando col viso girato di profilo. E non parve ancora soddisfatta e con atto rapido sfilò la sottoveste e rimase in brachettine. Lievi, piccole, candide, le piccole cose femminee avevano ognuna un serpentello di pizzo che saliva lungo il corpo. E dai rettili di trina traspariva la pelle scura così che pareva, ogni poco, veder guizzare il serpentello mirabilmente lavorato."
"Era un odore incantevole, che veniva da un corpo sano, giovane, pulito; da un corpo che conoceva il contatto continuo con l'acqua, con il sapone finissimo e le lozioni detergenti. Era un caro odore di pulito non soffocato da violente essenze e reso prezioso dall'emanazione naturale di un'epidermide detersa. Questo tuo odore Lalla mi ricorda..." si interruppe. E Lalla ad occhi chiusi sognante domandò: "Cosa?" "Mi ricorda... e dimmi che sono molto sciocco!... mi ricorda un prato di maggio..."
"Su una poltrona c'erano una ventina di calze nuove, alcune col loro filo di seta ancora infilato nella punta del piede. Altre spiegazzate, altre arrotolate. Lalla le aveva buttate là, confondendo le tinte, spaiandole, sciupandole prima ancora di usarle. Con le calze erano malamente ammucchiati indumenti femminili, finissimi, preziosi, elegantissimi. Tre abiti, di gran classe e di gran taglio, s'afflosciavano sul tappeto che interamente copriva il pavimento della camera. Sulla toletta scatole di cipria, boccette, barattoli, si accumulavano in disordine in modo tale che non era più possibile distinguere un centimetro del piano di cristallo"
"Lalla suonò il campanello (...) Ho un appuntamento, presso il lago, con José Granada: con ogni probabilità mi sto innamorando di questo bel ragazzo. Non so come me la caverò con Morello (...) Mi dovrò fare un altro abito rosso per piacere a José..."
"Io detesto Juanita", sussurrò la piccola Onda Albar. "E mio padre dice che è una donna sensuale e stupida. E poi, vedi come è vestita? In velluto nero e giaietto, al solo scopo di mettere in risalto il candore della sua pelle e di snellire i fianchi molto grossi. Io trovo molto volgare Juanita Valladazes e sono davvero felice che José abbia scelto una ragazza come te"
"Lalla si piantò davanti allo specchio. Era alta e ben fatta: il corpo snello aveva forme audaci, la pelle era poco scura, i capelli nerissimi, lunghi fino all'omero, il viso di un ovale senza pecche, gli occhi grigi. E quegli occhi grigi erano una malia, erano una stregoneria, che ovunque si posavano rubavano la pace."
"Si inginocchiò davanti alla fanciulla. Il sandalo, di laminato uguale all'abito, chiudeva appena per due strisce il piccolo piede snello e arcuato. (...) "Che belle gambe hai, Lalla!"
"Tu bada al fermaglio e non alle gambe."
"Il fermaglio è chiuso."
"Lo so. Non è mai stato aperto. Ma ti volevo così, in ginocchio."