Tentati omicidi, calunnie destinate a separare due fedeli innamorati, inganni, vendette: questi i semi del male che Varvara e Trinidad, le due donne nel romanzo "La Luna d'Oro" di Delly spargono intorno a sé:
"Don Ruiz, che faceva già un passo per allontanarsi, si fermò e domandò duramente: "Sta in pensiero per lui?" "Sicuramente", rispose Trinidad. "è il solo soggetto che possa farla uscire dal suo abbattimento. Don Manuel è sempre stato molto amabile con lei. Le faceva una corte assidua... e ho ragione di credere che non le fosse del tutto indifferente." Una fiamma di collera si accese negli occhi di don Ruiz, che si allontanò, seguito dallo sguardo soddisfatto di Trinidad." (Delly, "La Luna d'Oro")
Un lavoro inutile visto che l'innocente giovinetta è destinata a trionfare sulla rivale. Peccato che lei non lo sappia e passi la maggior parte del suo tempo a disperarsi, a dar retta a pettegolezzi infondati, a travisare fatti di nessuna importanza. In realtà lui cede raramente alle arti di seduzione dell'altra: per lo più la ignora, la respinge sdegnato e la usa col massimo disprezzo.
In Liala invece di due forze antitetiche, a misurarsi sono due corpi ugualmente sensuali e decisi a vincere. Nemiche per la pelle soprattutto le donne di classe ben vestite e raffinate (alle quali va l'approvazione dell'Autrice) e le donne grossolane, ineleganti, sfacciate (che l'Autrice biasima) Il confronto è comunque più sfumato, e accade che ragazze ugualmente belle siano costrette a diventare nemiche all'apparire di un bel maschio (Nota di Lunaria: è il caso di Fabiana, vittima di una gelosia patologica, protagonista di "Un Gesto, una Parola, un Silenzio" https://recensioniromanzirosa.blogspot.com/2023/06/un-gesto-una-parola-un-silenzio-di-liala.html )
"Bruna s'era girata verso Lori e la fissava. E quel suo sguardo solitamente dolce e affettuoso ora non c'era più. Si sarebbe detto che, dentro di sé, Bruna combattesse una tremenda battaglia, tentasse di vincere un estremo affanno e non riuscisse vittoriosa né sull'una né sull'altra" ("Farandola di cuori", di Liala)
Le eroine di Liala non si illudono su quanto incerta e fluttuante sia la loro amicizia; nell'universo letterario di Liala, da amiche vere si può vivere solo da bambine, quando l'uomo non ha ancora fatto il suo ingresso.
Chiuse nel gineceo, lontane da orecchie maschili, le donne del romanzo Rosa si trasmettono esperienze, consigli, ammonimenti, complottano.
(Nota di Lunaria: ovviamente ci si riferisce al romanzo Rosa degli inizi, che rifletteva le convenzioni di allora, sulla donna, ovverossia che dovesse, assolutamente, "maritarsi per essere degna e stimata", pronta a tutto pur di "accalappiare l'uomo", non certamente al romanzo Rosa nostro contemporaneo che riflette il rapporto tra sessi che c'è oggigiorno.)
Nei romanzi di Liala c'è sempre una cura esasperata della bellezza delle sue protagoniste, a tratti vanesie e civettuole:
Da "La meravigliosa infedele" di Liala: "E allora ella cadde di lato, s'abatté sul sedile e restò così, immota, piegata sul fianco, addormentata per sempre, passata, senza un gemito, dal sonno fittizio a quello eterno."
Da "La trilogia di Lalla": "Uscì a passo forzatamente lento, si diresse al cancello; prima di giungervi spiccò da un ramo un fiore di tuberosa, lo annusò voluttuosamente, lo infilò nella scollatura. Il fiore candido e carnoso parve tentennare un poco tra l'abito e la pelle, poi decisamente entrò nella blusa, disparve. E Lalla sorrise, alla fresca carezza del profumatissimo fiore..."
"Cominciò a spogliarsi, tolse l'abito, fu nelle breve sottoveste di seta candida tramezzata da serpentelli in pizzo lieve. Allorché la fanciulla si muoveva tra i serpentelli di trina trasparivano e parevano guizzare... si guardò a lungo, mirandosi dalle gambe affusolate all'inizio della coscia forte ma mon grossa. Scrutò la statuaria linea delle sue spalle, l'attacco dei suoi alti e fiorenti seni. E poi volse la schiena e si guardò così, stando col viso girato di profilo. E non parve ancora soddisfatta e con atto rapido sfilò la sottoveste e rimase in brachettine. Lievi, piccole, candide, le piccole cose femminee avevano ognuna un serpentello di pizzo che saliva lungo il corpo. E dai rettili di trina traspariva la pelle scura così che pareva, ogni poco, veder guizzare il serpentello mirabilmente lavorato."
"Era un odore incantevole, che veniva da un corpo sano, giovane, pulito; da un corpo che conoceva il contatto continuo con l'acqua, con il sapone finissimo e le lozioni detergenti. Era un caro odore di pulito non soffocato da violente essenze e reso prezioso dall'emanazione naturale di un'epidermide detersa. Questo tuo odore Lalla mi ricorda..." si interruppe. E Lalla ad occhi chiusi sognante domandò: "Cosa?" "Mi ricorda... e dimmi che sono molto sciocco!... mi ricorda un prato di maggio..."
"Su una poltrona c'erano una ventina di calze nuove, alcune col loro filo di seta ancora infilato nella punta del piede. Altre spiegazzate, altre arrotolate. Lalla le aveva buttate là, confondendo le tinte, spaiandole, sciupandole prima ancora di usarle. Con le calze erano malamente ammucchiati indumenti femminili, finissimi, preziosi, elegantissimi. Tre abiti, di gran classe e di gran taglio, s'afflosciavano sul tappeto che interamente copriva il pavimento della camera. Sulla toletta scatole di cipria, boccette, barattoli, si accumulavano in disordine in modo tale che non era più possibile distinguere un centimetro del piano di cristallo"
"Lalla suonò il campanello (...) Ho un appuntamento, presso il lago, con José Granada: con ogni probabilità mi sto innamorando di questo bel ragazzo. Non so come me la caverò con Morello (...) Mi dovrò fare un altro abito rosso per piacere a José..."
"Io detesto Juanita", sussurrò la piccola Onda Albar. "E mio padre dice che è una donna sensuale e stupida. E poi, vedi come è vestita? In velluto nero e giaietto, al solo scopo di mettere in risalto il candore della sua pelle e di snellire i fianchi molto grossi. Io trovo molto volgare Juanita Valladazes e sono davvero felice che José abbia scelto una ragazza come te"
"Lalla si piantò davanti allo specchio. Era alta e ben fatta: il corpo snello aveva forme audaci, la pelle era poco scura, i capelli nerissimi, lunghi fino all'omero, il viso di un ovale senza pecche, gli occhi grigi. E quegli occhi grigi erano una malia, erano una stregoneria, che ovunque si posavano rubavano la pace."
"Si inginocchiò davanti alla fanciulla. Il sandalo, di laminato uguale all'abito, chiudeva appena per due strisce il piccolo piede snello e arcuato. (...) "Che belle gambe hai, Lalla!"
"Tu bada al fermaglio e non alle gambe."
"Il fermaglio è chiuso."
"Lo so. Non è mai stato aperto. Ma ti volevo così, in ginocchio."
Nessun commento:
Posta un commento